Mitteilungen

Storie della diplomazia svizzera

«Storie della diplomazia svizzera» ist eine Serie, welche die Forschungsstelle der DDS zusammen mit Radiotelevisione Svizzera RSI realisiert hat. Die zehn Radiosendungen greifen zeitgeschichtliche Themen der nationalen und internationalen Politik auf und illustrieren diese mit Dokumenten aus der Online-Datenbank Dodis. Das Projekt wird von der Stiftung für Radio und Kultur Schweiz unterstützt.

Episoden und Ereignisse
Im Gespräch mit Mitgliedern der Forschungsgruppe werden Episoden und Ereignisse der Schweizer Diplomatie vom Ende des Zweiten Weltkriegs bis zum Kalten Krieg, etwa die Mirage-Affäre, die Beziehungen der Schweiz zu Ruanda, den Putsch gegen den Präsidenten Guatemalas, Jacobo Arbenz, oder den Schulunterricht für Kinder italienischer Einwanderer diskutiert und anhand von Akten aus dem Schweizerischen Bundesarchiv analysiert.

 

Jacobo Arbenz, vittima della guerra fredda

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Jacobo Arbenz è stato il primo presidente latinoamericano eletto democraticamente. Il suo programma di riforme sociali ed economiche contrastava però con gli interessi della United Fruit Company e degli USA. Un colpo di stato lo costrinse alle dimissioni, nel giugno del 1954.

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Scuole in italiano negate agli svizzeri

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«È facile capire che ciò possa far nascere problemi di politica interna, quando in una stessa città a una minoranza linguistica di origine svizzera viene negata una scuola propria, mentre la stessa deve essere concessa ai figli degli immigrati», notava la Conferenza dei direttori cantonali della pubblica istruzione, nel settembre del 1969, in una lettera al Dipartimento federale dell’interno (dodis.ch/32356).

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Lo scandalo del mirage

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«È una questione molto imbarazzante, che già da tempo è fonte per lui di grande preoccupazione», si legge nel verbale della riunione del Consiglio federale del 28 febbraio 1964. Lui, l’innominato, è Paul Chaudet, l’allora capo del Dipartimento militare federale. La questione al centro del dibattito è l’acquisto dei nuovi aerei da combattimento Mirage, di cui «l’oratore arriva poi a parlare dei motivi per il massiccio superamento dei costi». L’acquisto del modernissimo caccia francese evidenziò infatti gravi irregolarità e incompetenze nell’amministrazione federale e nei comandi militari.

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A Ginevra si decidono le sorti dell’Indocina

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«La Conferenza di Ginevra è stata incontestabilmente un avvenimento positivo per la Svizzera. Essa ha offerto l’occasione di far conoscere il nostro paese a uomini di Stato che non l’avevano mai visto e che hanno trovato un’atmosfera favorevole alle loro discussioni e ai loro lavori». Ciò è quanto riferiva il consigliere federale Max Petitpierre, nel settembre del 1954, dapprima alla conferenza degli ambasciatori svizzeri e poi alla Commissione esteri del Consiglio nazionale. Quella Conferenza, che la Svizzera si limitò ad ospitare senza parteciparvi direttamente, è passata però alla storia per ben altri motivi.

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L’abbaglio del Ruanda

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«Le premesse favorevoli per un aiuto allo sviluppo svizzero prioritario in Ruanda prevalgono di gran lunga sulle condizioni sfavorevoli. Anzi, probabilmente si potrebbe dire che nessun altro paese dell’Africa nera si presta quanto il Ruanda a diventare paese prioritario.» Ciò è quanto notava il Dipartimento federale delle finanze nel 1963. Oggi il nome del paese africano evoca anzitutto il massacro della primavera 1994, quando – sotto gli occhi passivi della comunità internazionale – vennero trucidate 800 mila persone. Riferendo di quei tragici fatti, i media hanno sempre parlato del ruolo della Francia, del Belgio e dell’Onu. Per contro è passato quasi inosservato che la Svizzera ha avuto rapporti particolarmente intensi con il Ruanda.

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Europa: quando la Svizzera ha detto sì

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«Il governo danese pensa che sarebbe vantaggioso per tutti i paesi rappresentati nel Consiglio d’Europa se anche la Svizzera ne facesse parte. (…) Ho risposto al signor Hansen che la nostra politica di neutralità non permette un’adesione.» Ciò è quanto notava nel 1949 l’allora ministro degli esteri, Max Petitpierre. Ma la Svizzera cambierà idea: dopo un lungo processo di avvicinamento, nel 1963 decide di aderire – e non senza entusiasmo – al Consiglio d’Europa. A oltre 50 anni da quella decisione, il bilancio si presenta per tutti molto positivo.

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Svizzera e Cina verso il sole dell'avvenire

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«…sfruttare con sobrietà la nostra buona posizione di partenza politica, psicologica e commerciale, per conservare quote svizzere in questo mercato con potenziali di sviluppo, che prima o poi si aprirà maggiormente al commercio estero, in gara con gli sforzi analoghi e sempre più intensi dei nostri concorrenti occidentali.» Il discorso dell’ambasciatore Raymond Probst davanti agli impiegati della Ciba Geigy, nel 1975, conferma quanto la Svizzera fosse già allora attenta e interessata alle enormi potenzialità del mercato cinese. La recente conclusione di un accordo di libero scambio tra Svizzera e Repubblica popolare cinese non nasce, infatti, dal nulla, ma è il frutto di lunghi e intensi contatti tra due paesi che più diversi non potrebbero essere.

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Cuba, gli USA e la Svizzera

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«… il governo di Cuba ha deciso di limitare il personale dell’ambasciata e del consolato degli Stati Uniti nella città dell’Avana (…). Appare pertanto un tentativo deliberato di ottenere di fatto un’interruzione dei rapporti diplomatici e consolari tra il governo di Cuba e il governo degli Stati Uniti. Il governo degli Stati Uniti ha perciò comunicato al governo di Cuba la fine di queste relazioni.» Da oltre mezzo secolo tra Cuba e gli USA è in corso un conflitto. L’isola caraibica è confrontata con un pesante embargo economico, che pregiudica la vita quotidiana della sua popolazione. Dopo avere decretato nel 1962 quelle sanzioni, gli Stati Uniti si rivolsero alla Confederazione affinché difendesse i propri interessi a Cuba. I cosiddetti «buoni uffici» sono uno dei capisaldi della politica estera svizzera.

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Accordo italo-svizzero: lo spauracchio comunista

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«Gli svizzeri si fanno delle enormi illusioni se credono che alla lunga possiamo ottenere dal nostro Stato vicino solo la popolazione attiva, inserita nel mondo del lavoro, lasciando invece famiglie, donne, bambini e anziani nel paese di origine di una forza lavoro in sé gradita». Max Frisch? No, lo scrittore zurighese pronunciò la sua celebre frase: «Abbiamo chiamato braccia e sono arrivati esseri umani», nel 1965, questa invece era stata scritta già un anno prima, dal consigliere federale Hans Schaffner, in occasione della firma dell’accordo italo-svizzero sull’emigrazione – un accordo esemplare, che regolava finalmente il problema del ricongiungimento familiare.

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CERN: i dubbi atomici della Svizzera

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«Il signor Tell Perrin Le chiederà nel corso della prossima sessione della Commissione degli affari esteri se lo stabilimento del laboratorio internazionale di fisica nucleare non implichi dei rischi per la Svizzera in generale e per Ginevra in particolare, vista l'impossibilità di dissociare gli scopi militari delle ricerche effettuate nel laboratorio da quelli industriali.» Ciò è quanto scriveva nel 1952 un alto funzionario al ministro degli esteri Max Petitpierre. Da parte svizzera, la nascita dell’Organizzazione europea per la ricerca nucleare – CERN – e la costruzione di un laboratorio nei pressi di Ginevra fu motivo di dubbi e preoccupazioni.

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25. 06. 2014